Tradizione e gastronomia
La pioggia torrenziale del novembre 2021 caduta nel basso Salento, trascinando in mare le opere dell’uomo, a Porto Badisco ha restituito il laghetto di acqua dolce, lontano ricordo degli anziani, che era il punto terminale di un antico corso d’acqua interrato circa un secolo fa. È il fiume che alcuni storici locali chiamano Silur?
Il fatto che un fenomeno della natura, sia pure manifestatosi con violenza, abbia riportato alla luce il fiume e ripristinato lo stato delle cose, dandosi una propria ragione, è veramente sorprendente. Ma lo è ancora di più, se si pensa che la presenza di acqua dolce nell’antico approdo di Porto Badisco, attirava i marinai che si fermavano per approvvigionarsi. Non a caso la leggenda vuole che in questo tratto di costa sia approdato Enea e, forse, proprio in questo posto.
Andando ancora più indietro nel tempo, ricomponendo le origini messapiche del Salento, mi sono chiesta quale sia stato l’elemento predominante del paesaggio che determinò lo stanziamento dei nostri predecessori.
Ecco ciò che scrivo: «[…] senza dubbio l’acqua dolce, anche se non molta, indispensabile alla sopravvivenza umana e animale nonché alle attività manifatturiere e agropastorali.
Probabilmente si trattò di un fiume o di una sorgente dalle acque limpidissime o di un avvallamento colmo di acqua meteorica o del fenomeno delle polle sorgive, data la natura carsica del Salento; naturalmente nel corso dei millenni i fiumi sono scomparsi insieme ai loro eventuali nomi ed al rigoglioso manto boschivo e vegetazionale che alimentavano.
Sarebbe interessante sapere se i nostri antenati decisero di impiantare i villaggi dopo avere avuto l’impatto con l’acqua la cui estrema purezza, com’è noto, è la condizione in grado di generare la vita, la cui indiscutibile attestazione è la presenza degli insetti (in genere fastidiosi all’uomo), oltre che di tutti gli animali specifici degli ambienti acquatici».
Per approfondire: R. Barletta, Lecce sotterranea di Cosimo De Giorgi, Ed. Grifo 2018